Caparezza presenta il nuovo album Prisoner 709, da oggi disponibile all’ascolto. Vi ricordate quella sensazione allo stomaco, dolce e affascinante allo stesso tempo, che si prova quando si inizia a leggere un libro e, pagina dopo pagina, vi affezionate a ogni personaggio, a ogni storia e persino ai cattivi? Bene. L’album Prisoner 709 di Caparezza è esattamente così. Un libro, dove ogni canzone è un capitolo che racconta una storia conturbante. Il nuovo album 2017 di Caparezza Prisoner 709 è una scoperta incredibile, canzone dopo canzone vi entra dentro. Come era successo con Museica e tutti gli album precedenti di Caparezza e la sua intera discografia, alla fine.
La storia raccontata, in un certo modo, possiamo dire che è quella di un certo Michele, che nel 2015 ha iniziato a manifestare i primi sintomi di acufene, forse per l’abuso dei volumi. Si tratta di un ronzio insopportabile al quale non si è ancora trovato un rimedio. Michele si chiede perchè questa cosa è successa proprio a lui che aveva preso la sua carriera nella musica come una missione. Alla fine questo Michele accetta gli acufeni e combatte, come sempre, e torna a scrivere.
Ma questo Michele, alla fine, chi è? Il protagonista di questo libro diviso in canzoni che sono come capitoli non è altro che Caparezza. E il libro si chiama Prisoner 709. Un libro sulla sua prigionia in cui ogni brano e ogni parola ha un significato. Si parte dal titolo del disco 709. Lo zero ha la forma del disco ed è anche una sorta di “o”, una scelta tra una parola di 7 lettere e una di nove, come Michele o Caparezza. Ogni traccia poi ha un suo 709, ossia una dicotomia: aprirsi o chiudersi, compact o streaming, libertà o prigionia e tutto l’album è un percorso di auto-analisi che termina nell’accettazione della situazione di disagio.
I brani sono 16, la somma di 7+9 e come abbiamo già detto sono dei capitoli di un libro sulla prigionia mentale in cui Michele, ma alla fine ognuno di noi è costretto. Concetto ben espresso anche dalla foto di copertina alla fine dove Caparezza è in una gabbia dalla quale però potrebbe uscire se solo lo volesse davvero.
Alla domanda perchè Prisoner, Caparezza racconta di aver letto “Esperimento della Prigione di Stanford” dello psicologo Philip Zimbardo: “L’esperimento consisteva nel far recitare il ruolo di guardie e di prigionieri ad alcuni studenti universitari. Il tutto fu interrotto dopo appena sei giorni perché nessuno riusciva più a sganciarsi dal ruolo assegnato: le guardie divennero violente e i detenuti accettarono passivamente qualsiasi vessazione. Il prigioniero 819 tentò con uno sciopero della fame per sabotare l’esperimento e chiese di vedere un dottore abbandonandosi ad una crisi isterica. È pensando a quel prigioniero che è nato il titolo”
Seduto al dentro di un cerchio di giornalisti, Caparezza racconta la sua esperienza con questo nuovo lavoro: “Può piacere o no, ma il disco deve esistere, io scrivo e faccio musica come quando si scrive un diario. Ora sia chiaro, voi siete la “o”o lo zero di 709, siete il disco, ma il centro sono io”.
“In tutto il disco mi sono divertito a trovare parole di sette o nove lettere, mi sono sentito intrappolato, ho voluto raccontare questo stato d’animo, io sono al centro del disco come voi in questo momento ribadisco – spiega Caparezza seduto al centro dei giornalsiti – io la musica la amo e la odio. Come ogni amore viscerale, l’oggetto che ami ti leva e ti regala qualcosa“.
“Per la prima volta sono val centro del disco, il primo brano, ad esempio, é angosciante, ma è servito per esorcizzare. Dopo Museica per un po’ non ho scritto niente, ma poi, per non piangermi addosso ho deciso di ripartire”.
“Il reato per cui sono in carcere è esistere. Quando prendi coscienza di te ti poni il problema del perché qualcosa non va, il mio reato forse quindi è quelo di pensare troppo e non godermi le cose. Grazie alle canzoni, ma all’arte in generale, io mi auto-analizzo e ogni tanto sembra che la psicologia non serva, ma in questo momento sono curioso, non ho fatto un disco sulla psicologia, ma voglio entrare nel profondo della materia”.
“Il prigioniero è Michele, guardia è Caparezza. Avete notato che la mia voce nasale sta sparendo un po’? Torna solo per rassicurare”.
PRISONER 709
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