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ESCLUSIVA Daniele Longo: “Come è nata Cercando l’aria…”

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Matteo Fantoli

Abbiamo intervistato in ESCLUSIVA il cantante Daniele Longo che da poco è uscito con il brano “Cercando l’Aria”. Ecco la sua storia e tutto quello che c’è da raccontare.

Come nasce Cercando L’aria?
“Cercando l’aria” è nato, almeno inizialmente, come un “semplice” titolo ispiratore; e questo circa un anno prima del febbraio 2020. Si è manifestato come un intento, ovvero come la volontà di concretizzarsi di un qualcosa che era però forse già dotato di vita propria; e questo prima ancora di avere un “corpo”, cioè di manifestarsi nella vita reale. È stata una suggestione che ha “lavorato” come un motore creativo che si era acceso e non si è poi più spento. Inizialmente ho pensato che questa idea generativa sorgesse da me, anche se non saprei ancora identificare da quale parte di me. Col senno di poi, potrei dire che il disco che ne è derivato, in effetti mi rappresenta molto: cioè parla di me, o meglio suona come penso di suonare anche dal vivo. Ma, al tempo stesso, è come se fosse un organismo vitale che, per manifestarsi, cioè poter vivere di vita propria, mi avesse chiesto di collaborare per dargli l’opportunità di vivere; non so se ho reso l’idea. È come se realizzasse al contempo due cose una dentro l’altra: ovvero rappresenta di fatto il mio microcosmo personale, al contempo però rappresenta la vita in generale, indipendente e indipendentemente da me.

La ricerca è stata mediamente lunga, calma e senza pressioni: per qualche mese ho fatto dei tentativi di composizione, attraverso l’improvvisazione estemporanea e ragionata al pianoforte; ma con cadenza irregolare. Poi, in un momento in cui, come la maggior parte di noi, mi son trovato forzatamente chiuso in casa, e senza la mia famiglia, cioè con mia moglie e nostra figlia rimaste in un’altra regione durante il primo lockdown per circa tre mesi, ho avuto l’occasione di confrontarmi con queste idee che germinavano. C’è stata cioè l’opportunità perché le idee potessero manifestarsi più pienamente, e crescere organicamente (si potrebbe dire piano al piano…): è stato un po’ come coltivare un’amicizia, poter offrire a loro e a me stesso le occasioni di nutrire la relazione. Credo che non avere una chiara aspettativa, in questo caso, abbia favorito uno sviluppo libero e organico. Resta ad oggi dentro di me un campo aperto di possibilità: l’opportunità per questi brani di continuare a crescere, se possibile, e cioè a svilupparsi secondo la loro stessa intima natura, anche cambiando strada; come capita alle persone.


Chi è Daniele Longo? Raccontaci come ti sei approcciato a questo mondo
All’anagrafe (ma solo lì) Daniele è un ragazzo un po’ cresciuto, che ha attraversato tante fasi sia musicali che esistenziali, che spesso in passato mi sono sembrate anche contraddittorie fra loro; e forse è davvero così, ma adesso non mi sembra più una cosa di per sé negativa. Ci ho messo un po’ da bambino a capire che la musica poteva essere divertente, e poi, paradossalmente, quando stavo iniziando a divertirmi tanto, ho progressivamente smesso di suonare, per ragioni altre, legate a quel periodo storico personale di passaggio ad un altro modo di vivere, diciamo. Ho ripreso dopo quasi sette anni di inattività, con tante difficoltà, anche qui quasi inspiegabili, per rientrare in un mondo, quello della musica, che sentivo naturalmente congeniale, almeno per le possibilità espressive che mi offriva.

Dopodichè la musica è tornata a pieno regime, ed è diventata la mia professione, come avevo sempre desiderato, anche grazie al sostegno di alcune persone a me molto vicine, che spesso hanno creduto prima o più di me nella possibile realizzazione di certi sogni. Così, in tanti modi diversi: nei locali, nelle sale da concerto, nei teatri, con gli spettacoli teatrali e musicali, e a contatto diretto anche con colleghi musicisti di “universi” differenti, e attori, e anche allievi di tante età e interessi diversi, la musica è stata presente in modo ricco e multiforme.


Quali sono i tuoi progetti?
I miei progetti, spesso sono progetti “nostri”: perché collaboro con molte persone, e specialmente con l’Associazione Realtà Debora Mancini, con la quale realizziamo eventi davvero eterogenei, dagli spettacoli teatrali, ai laboratori in concerto, dai seminari, ai reading in forma di spettacolo. È come se la musica mi offrisse ancora oggi tanti modi diversi di entrare in dialogo: oltre che con tante realtà, da quelle classiche a quelle variegate dell’improvvisazione teatrale (ad es.), soprattutto con le varie sfaccettature di me stesso.

A oggi, oltre alla promozione del concerto di “Cercando l’aria”, promuovo e promuoviamo altri concerti da solista, come “Co-Playing”, e “Jazz&Roll”, che sono due progetti in cui il concerto si fa anche col contributo musicale del pubblico, poi ci sono alcuni format speciali, come “Un pianoforte come cielo”, che è un’esperienza sensoriale per coinvolgere bambini da 6 a 36 mesi coi propri genitori, al progetto “Ma quanto siamo jazz”, un percorso per sviluppare la creatività personale di bambini e non solo, a “Che succede a Tastieropoli”, uno spettacolo in cui è rappresentata la vita di una città molto particolare. Attualmente sta nascendo una big band in cui sono coinvolto insieme a colleghi affermati del panorama musicale nazionale; dovrebbe uscire prima o poi un disco realizzato in trio alcuni mesi fa: un progetto nuovo anch’esso in cui, su una matrice etnica prendono forma le idee di tre musicisti dai capelli bi-colore.. che si conoscono da più di dieci anni.

A chi ti ispiri?
I modelli sono tanti e sempre praticamente irraggiungibili (fortunatamente, sennò sai che frustrazione!): da quelli musicali, e allora direi a Bobby Mc Ferrin, come modello di ironia e auto-ironia e soprattutto per la sua creatività senza limiti e capacità di coinvolgere anche le pietre!; a Caetano Veloso per la qualità di tutto nella sua musica; a Michel Camilo, per l’incredibile energia e la passione, che arrivano sempre, anche nei momenti più “morbidi” sulla tastiera, e al suo pianismo ritmico, direi inarrivabile; e Chick Corea, per l’incredibile fantasia, dalle mille forme imprevedibili; e Herbie Hancock per la sua gran classe, come pianista, e non solo; a Petrolini per l’irriverenza; a Gigi Proietti per il talento, la versatilità e la capacità comunicativa; a Jerzy Grotowsky per l’idea di un teatro e, perché no, una musica che nascono da mezzi poveri e sono capaci di sfamare in modo decisamente ricco le anime degli spettatori e degli ascoltatori; a Mauro Scardovelli per la forza nell’impegno civile ai giorni nostri.



Che musica ascolti?
Eh eh… è una parola… Nel senso che non ho un genere unico o un artista intorno al quale si concentra la mia attenzione, salvo per periodi di fascinazione e“polarizzazione”, naturalmente. È come un ritornare sui luoghi visitati e allargare il campo continuamente. Considera che uno dei miei sogni da ragazzo era di realizzare un posto dove fisicamente le persone potessero ascoltare musiche provenienti da tutto il mondo, e da vari universi culturali; quello che oggi è possibile virtualmente con la rete e con Spotify e simili. Ho studiato la letteratura classica su uno strumento moderno, che era l’organo elettronico (l’antenato delle tastiere), e ogni tanto sento il bisogno di tornare alle origini, ascoltando musica sinfonica o da camera, anche se non così di frequente; “sul campo” sono poi ri-nato rocker, e a 17/18 anni componevamo dei brani ispirati in qualche modo alla psichedelica degli anni ’60 e ’70 e trovo quel periodo ancora da scoprire; poi ho conosciuto il jazz, e le musiche eterodosse, cioè quelle che si definivano così perché difficili da etichettare, nelle quali la componente improvvisata e la ricerca sul suono erano e sono alcuni fra gli ingredienti più importanti; lì si apre un universo di possibilità di ascolto già da solo infinito! E i mondi latino-americano, cubano e brasiliano, in particolare, e quello africano, e quelli in qualche modo imparentati a quegli universi afro, come il mondo del blues, del rhythm&blues e del funk. Cerco di scoprire artisti e gruppi nuovi, perciò direi che ascolto musica in tutte le direzioni, salvo forse la musica commerciale, che devo dire sinceramente mi prende molto raramente.

Matteo Fantoli

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Matteo Fantoli

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