È uscito il 2 ottobre il disco omonimo de “Il teatro degli orrori”. Dodici tracce che tramortiscono l’ascoltatore, proiettandolo nell’incubo sociale in cui versano i nostri tempi, e che affrontano temi quantomai attuali: emarginazioni ed esclusioni sociali, prigioni reali e metaforiche, il disagio psichico e il big business farmacologico, l’alienazione del lavoro e il consumismo compulsivo, la violenza omicidiaria dello stato, il dramma dei profughi in fuga dalle guerre.
Un disco arrabbiato e denso di contenuti. Per capirlo meglio abbiamo fatto quattro chiacchiere con Gionata Mirai del Teatro degli Orrori e, alla fine dell’intervista, avrete voglia di ascoltare il disco ancora e ancora per poi vederli dal vivo il prima possibile.
Parliamo del nuovo album. Se dovessi descriverlo o trovare un fil rouge che coniuga tutte le canzoni, quale sarebbe?
Un vero filo rosso tra tutte le canzoni forse non c’è se non una totale disillusione nei confronti dell’Italia e del mondo che ci circonda. L’idea portante è questa: un disprezzo verso l’Italia che ci disprezza a sua volta. Abbiamo cercato di rendere questa idea anche musicalmente nel modo più aspro possibile. Siamo un gruppo noise-rock se ci dobbiamo definire e in questo disco abbiamo approfondito e accentuato questo aspetto della cattiveria sonora per così dire. E’ il nostro linguaggio.
I vostri testi sono sempre molto impegnati. Che ruolo ha la musica per voi oggi, in una società come la nostra con tutto quello che succede.
Credo che sia più difficile ascoltare Laura Pausini rispetto a noi. Il nostro modo di fare è questo. Il rock e la musica in generale negli anni magari non è stata vera e propria militanza, ma una proposta di critica e di una alternativa diversa rispetto al mondo in cui ci troviamo. Il pop inutile e che non dice niente c’è sempre stato è la gente che dovrebbe avere il coraggio di riprovare quella rabbia che è sepolta in noi in questo mondo renziano. Serve che qualcuno dica queste cose. Come abbiamo fatto noi e come continuiamo a farlo.
Se dovessi indicare un gruppo o un artista che ti ha influenzato molto e che in qualche modo “vi somiglia”?
Ho adorato e adoro The Shape of Punk to Come dei Refused. Questo disco ha consacrato la storia del tardo hard-core. Non sono stati capiti dal grande pubblico e dal main stream però questo per me resta un disco incredibile che ha una serie di contenuti musicalmente e testualmente incredibili.
In diversi testi avete parlato del mondo della malattia psichiatrica, come mai?
La malattia psichiatrica o quella psicologia ha, per la gran parte dei casi, una origine sociale e se vogliamo capire questa dilagante malattia la risposta va ricercata nel mondo in cui siamo. È un riflesso della malattia sociale. Se il mondo che ci circonda fosse più equo o giusto magari depressione follia non ci sarebbero.
Come è stato accolto l’album dai fan e del mondo dei social?
Noi abbiamo un rapporto migliore con le persone che vediamo in faccia piuttosto che con quelle dei social. La critica lo sta prendendo bene, la gente che sentiamo e vediamo è contenta, ma ci chiedono spesso perchè siamo così arrabbiati e mi stupisco di questa domande. Mi chiedo perchè non siano arrabbiati loro in primis vedendo cosa ci circonda. Noi siamo così. Per quanto riguarda il rapporto coi social va detto che si è alleggerito: è finita la novità di insultare la gente a caso perchè va di moda.
Suonare dal vivo e i tour sono sempre una parte che vi emoziona?
Il tour comincerà settimana prossima e solo lì ci renderemo conto veramente della situazione e di come reagisce al pubblico. Ci emoziona suonare dal vivo soprattutto dopo tanti anni perchè è il motivo per cui abbiamo iniziato e continuiamo a suonare. È il modo migliore in cui ci esprimiamo. Abbiamo realizzato questo disco nell’ottica di suonarlo dal vivo, lo stiamo provando ora e funziona. Sarà una bomba.
Se dovessi scegliere una canzone del disco che ti piace particolarmente?
Adoro “Lavorare Stanca”. Trovo sia un perfetto connubio tra musica e testo- Ha un incedere che mi piace molto. Pierpaolo ha scritto un testo meraviglioso secondo me.
Il Teatro Degli Orrori sono: Francesco Valente (batteria e percussioni), Giulio Ragno Favero (basso elettrico), Gionata Mirai (chitarra elettrica) e Pierpaolo Capovilla (voce), accompagnati in questo disco da Kole Laca (tastiere elettroniche) e Marcello Batelli (chitarra elettrica), già con loro sul palco dal 2012 (per il tour de “Il mondo nuovo”).
Queste le prime date confermate del tour, in partenza il 22 ottobre (prodotto e organizzato da BPM Concerti): il 22 ottobre al CSO Pedro di Padova, il 23 ottobre all’Hiroshima Mon Amour di Torino, il 24 ottobre a Il Deposito di Pordenone, il 29 ottobre al Black Out di Roma, il 30 ottobre alla Casa della Musica di Napoli, il 31 ottobre al Barbara Disco Lab di Catania, il 6 novembre all’Arci App Colombofili di Parma, il 7 novembre al Circolo Magnolia di Segrate (Milano), il 14 novembre al The Cage Theatre di Livorno, il 20 novembre alla Latteria Molloy di Brescia, il 21 novembre al Vidia di Cesena (Forlì-Cesena), il 27 novembre al Demodè Club di Modugno (Bari), il 28 novembre all’Urban Club di Sant’Andrea delle Fratte (Perugia), il 4 dicembre al Teatro Miela di Trieste, il 5 dicembre al CSO Rivolta di Marghera (Venezia), il 7 dicembre al Container Club di Grottammare (Ascoli Piceno), l’11 dicembre al TPO di Bologna, il 12 dicembre all’Auditorium Flog di Firenze e il 18 dicembre all’Emporio Malkovich di Verona.
www.ilteatrodegliorrori.com; https://www.facebook.com/ilTeatrodegliOrrori
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