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Quattro chiacchiere con “L’Orso”. Ecco il disco che sveglia i 30enni assopiti

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Selena Marvaldi

“L’Orso” è un progetto che nasce da Mattia Barro, nel 2010, a Ivrea, nella provincia torinese. In quella piccola città nascono le prime canzoni, i primi video, il primo EP. La produzione musicale è molto prolifica e, in un anno, porta alla realizzazione di due EP, La provincia e La domenica, che porteranno la band a girare l’Italia, senza pause, per oltre cento date per lo stivale. Nell’aprile 2013 esce L’orso, il primo disco ufficiale della band. Il tour porta i ragazzi a superare la quota duecento concerti, coprendo quasi tutta la penisola e due importanti città europee come Parigi e Bruxelles.

“Ho messo la sveglia per la rivoluzione” è uscito il 3 febbraio 2015 per Garrincha Dischi ed è il secondo album in studio de L’orso, il primo di soli inediti. E’ stato anticipato dal primo singolo ‘Giorni migliori’, capace di raggiungere il dodicesimo posto nella classifica dei singoli più venduti su iTunes, il primo nella categoria Alternative. Dopo oltre 250 date, quattro EP, un disco e un documentario live, L’orso ha cambiato marcia. Una nuova formazione, un nuovo tour, un nuovo suono.

CheMusica.it ha intervistato il cantante, Mattia Barro, per parlare di tutto, ma soprattutto del disco che vuole svegliare le generazioni assopite di 30enni.

Parliamo del disco “Ho messo la sveglia per la rivoluzione”. Qual è la tua rivoluzione?

Chi parla di rivoluzioni deve essere il primo a farle, se no ci si riempe solo la bocca e non si fa nulla di concreto. Il gesto di mettere la sveglia significa che stai pensando a qualcosa che dovrai fare e lo hai fatto con cognizione di causa, sapendo che qualcosa deve essere cambiato.  La nostra rivoluzione parte da noi stessi: la band è cambiata, abbiamo riflettuto, abbiamo pensato ed ora…eccoci! Da un lato agire solo di pancia è limtante, io sono un artigiano della musica, penso tanto e solo così arrivo meglio a realizzare le cose che faccio. È importante pensare. Riflettere, ripartire da se stessi, questo è il centro del disco.

Come mai avete scelto “Giorni migliori” come primo singolo? Rappresenta il messaggio del disco?

Sicuramente è il pezzo più orecchiabile del disco, è il pezzo più pop, ma dentro ha tante cose diverso rispetto a prima. È un pezzo melodico e ci piaceva che fosse  il tramite tra ciò che c’era prima e ciò che siamo ora. È un testo semplice, ha un linguaggio base, ma racconta un messaggio importante. Questo brano ha un concerto forte, ma espresso con quattro frasi in tutto!

Ho sentito parecchie volte il tuo disco e secondo me racconti un’intera generazione, la nostra, quella dei trentenni che “con i soldi che avanzano possono comprarsi il mondo” con un po’ di amara ironia ma anche fiducia. Sbaglio?

È così. Quello che cerco di fare io è proprio questo: raccontare il mondo tramite le mie visioni, che sono molto realistiche. La musica e i testi stanno facendo insieme a me un percorso di crescita- La mia idea è questa, ho provato a dare una lettura della contemporaneità, anche perchè non parlo delle cose che non so. Non sono bravo con la fantasia, mi piace che mi raccontino qualcosa che magari so, ma con tante sfaccettature diverse, perchè le cose le possiamo raccontare in modi diversi dando così colore nuovo ad ogni avvenimento.

C’è anche dal rap in questo nuovo disco!

Io da piccolo facevo rap, è stato il mio primo approccio alla composizione musicale e l’ho fatto fino ai 18 anni. Ora sono tornato ad avvicinarmi al questo genere, del resto ritornare fa sempre parte di questa ripresa di consapevolezza. Io ho sempre scritto con l’idea di non essere un cantautore, ma un rapper e nella mia testa ragiono così. Tornare al rap era giusto farlo adesso, soprattutto se è il genere che amo di più. Mi sentivo nella condizione artistica di poterci tornare, visto che sono realista e che racconto la contemporaneità questo è un linguaggio che nasce su quello. Ci sarà sempre.

Si sente un po’ di influenza degli Stato Sociale, con cui hai poi fatto la canzone che chiude il disco. Come è stato lavorare con loro?

Con gli Stato Sociale ci conosciamo da tanto tempo, dai tempi de L’Amore ai tempi dell’Ikea. Ci ha fatto conoscere un nostro amico comune e in questo disco la parte elettronica l’abbiamo seguita insieme. È una collaborazione più per il piacere di farla ed era naturale che ci fosse, ma non credo ci sia una forte influenza musicale e artistica. È la famiglia degli Stato Sociale che si è unita con quella dell’Orso.

Selena Marvaldi

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Selena Marvaldi

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