Purtroppo la musica, anche quella italiana, è fatta anche di tante storie tormentate di artisti che hanno deciso di mettere la parola fine sul percorso della loro vita.
Tra questi non si possono non citare i tormenti che hanno portato Luigi Tenco all’insano gesto. La tragedia vede il suo antefatto nell’edizione 1967 del Festival di Sanremo. Fabrizio De Andrè, tempo dopo, rivelò che Luigi non era felice di quella partecipazione e che si presentò addirittura controvoglia. Si presentò con la canzone Ciao amore ciao cantata anche da Dalida. Il brano era di fatto un testo controverso su una storia d’more nell’Italia contadina che era costretta a farsi città. In un certo senso Tenco si ispirava a un grande del cinema e della poesia, Pier Paolo Pasolini. La giuria non apprezzò il brano e non lo ammise nemmeno alla serata finale con l’artista che si posizionò al 12esimo posto. Le cose peggiorarono da quel momento in poi.
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L’ultima volta di Luigi Tenco
Luigi Tenco sperò poi a un certo punto di essere ripescato in quel Festival di Sanremo, ma fallì anche quella prova e pare che questo lo gettò nello sconforto. Anselmi racconta di un dialogo prima della sua ultima esibizione con Mike Bongiorno, sottolineando che lo stesso Tenco specificò: “Questa è l’ultima volta”. Il conduttore rispose prontamente: “L’ultima volta che canti un brano fox…”. Non poteva sapere cosa stesse per accadere.
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Venne poi raccontanto che l’esibizione di Tenco, che gli era costato la squalifica, era stata condizionata dall’assunzione di farmaci e alcol con il maestro Gian Piero Reverberi che fece molta fatica ad accompagnarlo. Questa cosa fu però contraddetta dalla cognata Graziella che parlò di una esecuzione lenta scelta dallo stesso Luigi cosa che l’artista aveva detto al maestro pronto a rifiutarsi di quel ritmo lento. La notizia dell’eliminazione arrivò a Tenco mentre stava dormendo su un tavolo da biliardo. Non la prese bene annunciando di abbandonare la carriera da interprete per dedicarsi alla composizione. Se ne andò poi decisamente contrariato.
La morte
Le notizie sulle ultime ore di Luigi Tenco sono piuttosto frammentarie. L’ultima costruzione la regalarono i giornalisti Guarneri e Rangone che sottolinearono come Tenco si recò nella stanza 219 dell’Hotel Savoy per effettuare due telefonate. La prima fu a Ennio Melis il capo della RCA dove non ricevette risposta, poi chiamò la sua presunta fidanzata dal 1964 Valeria e riuscì a parlarci. Insieme si confrontarono su progetti futuri, tra quelli di partire per il Kenya. Valeria sevlò solo nel 2002 che Tenco le aveva detto di avere pronti dei fogli con nomi e cognomi di persone da denunciare per fatti che andavano al di là di Sanremo.
Pare che la telefonata terminò all’1 di notte del 27 gennaio del 1967. Un’ora dopo il corpo dell’artista venne ritrovato da Dalida nella famosa stanza 219. Valeria sempre ribadì che Luigi le aveva confessato di voler tenere una conferenza stampa il giorno dopo per denunciare combine per scommesse clandestine, facendo proprio nomi e cognomi dei colpevoli. Il corpo riportava sulla tempia destra l’entrata di un foro da proiettile mentre quello di uscita era sulla sinistra. Nessuno sentì lo sparo, ma poi si trovò un biglietto scritto a mano e attribuito a Tenco dalle perizie grafologiche successive: “Ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente 5 anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (anzi) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e a una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao, Luigi.” Tra mille dubbi c’è voluto il 2006 per confermare l’ipotesi di suicidio.