Thomas Vinterberg ha vinto ancora con Un altro giro dove risulta anche azzeccatissima la colonna sonora. Scopriamo qualcosa di più.
Che ci aspettasse un capolavoro lo si poteva capire già dall’Oscar come miglior film in lingua straniera vinto da questo film con Mads Mikkelsen. Che Druk, questo il titolo originale, potesse andare così oltre avremmo fatto fatica a immaginarlo. Non che il suo regista, ricordiamo tra i membri di Dogma e amico di Lars von Trier, non l’avesse già fatto ma qui si è superato in un film struggente e senza le solite divagazioni dal punto di vista stilistico.
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Un cast snello e preparato ci porta al centro del mondo dell’alcolismo come nessuno aveva fatto prima. A fianco del solito Mikkelsen troviamo Thomas Bo Larsen, Magnus Millang e Lars Ranthe tra gli altri. Quattro amici, quattro professori di un liceo, decidono di iniziare a bere per dare credito a una teoria che specifica come tutto sia migliore qualora si decida di vivere a un tasso alcolemico sopra lo 0.05%. La tragedia è annunciata, ma non scontata come sembra.
Un altro giro, la colonna sonora
La colonna sonora di Un altro giro rappresenta in toto il cinema nord europeo grazie ai continui silenzi che si alternano a momenti di grande carica emotiva. Nella prima parte dell’opera la musica viene associata frequentemente ai momenti in cui i protagonisti decidono di bere, poi però è un crescendo fino a un finale che non ha nulla da invidiare al più classico dei musical americani.
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Quello che sorprende è come si possano alternare, cosa però non nuova per certo cinema danese, musica classica ad altra con una frenesia decisamente diversa. È così che si passa dalla Sonata in D Minore di Domenico Scarlatti, eseguita qui da Balazs Szokolay, a Whats a Life di Scarlet Pleasure per tornare a 3 fantasie in Fa minore di Franz Schubert, coccolata da Jeno Jando, per poi esaltarsi col jazz di On my way home di Maurice Brown. Un valore aggiunto, questo, che non si può non notare.