Immaginate che Andy Warhol venga da voi, dal vostro gruppo, e vi dica che è disposto a disegnare la copertina del vostro nuovo album. Immaginate poi che nel vostro gruppo ci sia un giovane universitario un po’ scapestrato di nome Lou Reed. A quel punto dovreste rendervi conto di trovarvi in mezzo a qualcosa di veramente grosso.
E’ esattamente ciò che è successo ai Velvet Underground, rock band statunitense, nata nel 1964 e considerata fino al 1973 (quando poi si sono sciolti) la band più influente e importante per tutti i generi musicali a venire. Il gruppo era formato da Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison alla chitarra e Angus MacLise alla batteria anche se, poco dopo, abbandonò il progetto e venne sostituito da Maureen “Moe” Tucker.
Il loro primo album è “The Velvet Underground&Nico” prodotto appunto da Andy Warhol nel 1967 che si occupò anche di disegnare la celebre copertina con l’immagine della banana, e con la collaborazione della cantante tedesca Nico in Femme Fatale, All Tomorrow’s Parties e I’ll Be Your Mirror. L’album, sebbene oggi sia considerato veramente una pietra miliare del mondo della musica e inserito dai maggiori esperti di musica nei 100 dischi più belli della storia, inizialmente non ebbe successo.
Nonostante l’invito provocatorio della copertina su cui non compariva il nome della band, ma solo un invito in alto a destra: “Peel slowly and see”, sbucciare lentamente e vedere (se poi si levava l’adesivo da sopra l’album appariva sotto una banana rosa shocking, metafora non troppo nascosta di un pene) , il disco fu acquistato da pochissime persone tanto che Brian Eno,il padre della musica ambient e new wave, disse: “Soltanto cento persone acquistarono il primo disco dei Velvet Underground, ma ciascuno di quei cento oggi o è un critico musicale o è un musicista rock“.
Il disco, già a un primo ascolto, si capisce che segna uno spartiacque tra ciò che c’era prima e ciò che verrà dopo. Si comincia con “Sunday Morning”, famosissima e con una sonorità leggera, quasi minima. Poi ci si scontra con “Venus In Fur” che sembra trasportare l’ascoltatore in un mondo lontano quasi bohémien e esotico.
Se poi vogliamo parlare dei testi, finalmente vengono sdoganati certi argomenti prima considerati inaffrontabili, come la vita metropolitana, il sesso (nelle sue forme più estreme) e la droga. Nella stessa Sunday Morning si parla di un risveglio dopo una notte di droga e “bagordi” in cui l’ansia e la paranoia regnano sovrane. Sempre di droga parla anche la canzone “Heroin” descrivendo in modo molto crudo la dipendenza e il modo di “farsi”.
In “I’m waiting for the man” invece si parla di un ragazzo bianco che aspetta il suo spacciatore ad Harlem e il tutto viene raccontato con una sonorità strabordante di chitarre elettriche che ricordano un po’ il genere punk.
L’ultima canzone “European Son” è dedicata al poeta Delmore Schwartz e dopo un inizio “classico” allo scoccare del minuto si sente un rumore assordante che sembra il ruggito di una tigre ma in realtà è John Cale che trascina una sedia di metallo sul pavimento lanciandola poi su una pila di piatti in allumino. Da quel momento la canzone cambia, diventa quasi isterica, con distorsioni e lunghi assoli di chitarra e il pubblico non l’amò particolarmente, ma per la storia della musica era l’inizio del genere noise rock, caratterizzato appunto da distorsioni, feedback e dissonanze.
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